Lo Sblocca Italia, il decreto che secondo il Governo dovrebbe imprimere linfa vitale all’economia italiana e snellire la burocrazia, è in verità una polpetta avvelenata. Vittima di questo veleno, ovviamente, i cittadini. A dirlo non è qualche grillino esagitato o qualche vecchia cariatide. Non è nemmeno una giornalista “gufo”. Ad aver sollevato la questione è addirittura Bankitalia.
Il massimo istituto finanziario dell’Italia ha lanciato un preciso allarme: lo Sblocca Italia, così come è stato pensato, rischia seriamente di rendere vulnerabili alcuni settori, aprendo di fatto le porte alla proliferazione dei fenomeni corruttivi. Il vice capo del servizio di Struttura Economica di Bankitalia, Fabrizio Balassone ha dichiarato in modo lapidario: “Lo Sblocca Italia comporta rischi di grande vulnerabilità per alcuni settori”.
Tutto ciò, ovviamente, pur condividendo gli obiettivi della legge, che consiste nella volontà di snellire i tempi di aggiudicazione degli appalti.
Il settore a rischio corruzione è quello delle infrastrutture. La norma incriminata consente alle aziende costruttrici di accedere alle deroghe dalla disciplina ordinaria. Il risultato è che alcuni soggetti di grane influenza godranno di concessioni a lungo termine o potenzialmente “eterne”. Per usufruire di questi vantaggi che, ricordiamolo, tirano in ballo finanziamenti per milioni di euro, è sufficiente promettere nuovi investimenti e progetti.
Un’altra conseguenza spiacevole è l’eliminazione del fattore concorrenziale – come ha fatto notare l’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato. E si sa, quando le dinamiche della concorrenza vengono sporcate a farne le spese sono i cittadini, molto spesso con aumenti inaspettati dei prezzi.
Lo scenario in cui le distorsioni dello Sbocca Italia incideranno di più è quello delle autostrade. Il fenomeno della lievitazione dei tempi e dei costi è già diffuso. Un esempio è dato dall’autostrada Torino-Milano: 100 km che fino a questo momento sono costate allo Stato – e quindi a noi – 1,1 miliardi e 12 anni di lavoro. Una delle cause di questa lentezza bizantina va rintracciata proprio nella concessione prolungata a partire dall’anno 2000.
A tal proposito, Giovanni Petruzzella, ha riassunto così i punti critici della legge: “Innanzitutto, la norma non appare di agevole comprensione. La possibilità di unificare titoli concessori, aventi scadenze differenziate, si potrebbe prestare ad accorpamenti idonei a eliminare del tutto e potenzialmente per periodi significativi un essenziale fattore concorrenziale del settore”.
Bankitalia, infine, ha espresso preoccupazione per la questione dell’appeal economico. Con una riforma di questo tipo, l’ambiente competitivo italiano rischia di diventare ancora più ostile e meno meritocratico. Insomma, lo Sblocca Italia sembra rappresentare la strada più breve per privare l’Italia di quegli investimenti esteri che oggi sono così importanti.
Giuseppe Briganti