Polemiche sul caso dell’ex ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi pizzicato al telefono con il super dirigente Ercole Incalza a raccomandare il figlio Luca per “consulenze e suggerimenti”, ma anche ad accettare regali per lui e per la moglie. Dopo le dimissioni dell’esponente di Ncd i suoi compagni di partito, Angelino Alfano in testa, e non solo si scatenano sul caso dei parlamentari indagati (Lupi non lo è, per quanto si sappia oggi, ndr), appartanenti anche al Pd, che non si sono dimessi. Alfano parla di “due pesi e due misure”, Renzi plaude alla scelta umana e morale di Lupi e poi sta zitto sul resto, Forza Italia attacca. Fin qui tutto normale nell’agone della politica. Il fatto è che Alfano deborda e della vicenda dà la colpa ai grandi giornali e alle tv «che non parlano delle cose che accadono ad alcuni e che tendono ad oscurare noi se facciamo bene.
Il vero problema – continua – è l’informazione italiana. Se un problema riguarda il Pd la chiudono in 24 ore. Si ricordano di essere liberi solo quando attaccano noi. Chiediamo alla commissione Giustizia della Camera di fare rapidamente la vera separazione delle carriere che non è tra il pm ed i giudici ma tra i pm e i giornalisti. Forse si può ottenere non con una loro limitazione nelle indagini, ma con una limitazione della pubblicazione nel rispetto di un articolo della Costituzione che dice che le conversazioni riservate sono protette come tali». Insomma Alfano si riferisce alle intercettazioni che non sono oggetto di reato ma che, come in questo caso e in moltissimi altri, sono a dir poco “imbarazzanti” per un rappresentante delle Istituzioni.
Ebbene essendo giornalista professionista ed occupandomi di cronaca giudiziaria per anni, mi sento di dissentire da questa interpretazione della vicenda di Alfano. Noi cronisti non abbiamo mai stretto alcun patto di carriera con pm e con forze dell’ordine. Noi collaboriamo con loro, così come collaboriamo con i politici e con gli avvocati. Se un’intercettazione telefonica politicamente imbarazzante e pubblica è incontrovertibilmente una notizia noi non possiamo essere imbavagliati e la pubblichiamo. In passato mi è capitato di pubblicare questo tipo di intercettazioni persino su un giornale di centrodestra e che riguardavano personaggi politici della stessa parte.
Non mi sono mai sentita, da cronista, imbavagliata e credo che la nostra categoria debba difendere con tutte le sue forze questa libertà. Chiediamo dunque a tutto il parlamento di tutelare la libertà dei cittadini ad essere informati e quindi rispediamo al mittente la richiesta di Alfano e del suo partito. Ci hanno provato in tanti in questi anni a farlo, siamo davvero stanchi. Fortunatamente una persona di enorme valore morale e professionale, al di sopra oggi delle parti (né pm né giornalista) chiosa l’argomento così: «I giornalisti hanno fatto il loro mestiere. Si trattava di intercettazioni pubbliche, era venuta meno la segretezza. I giornalisti hanno fatto fino in fondo il loro mestiere». A parlare è Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità Anticorruzione che, di certo, di questo tipo di questioni se ne intende.
Insomma, se c’è un certo sistema di fare politica con le solite consulenze ad amici, parenti e conoscenti, se c’è la mancanza di parità di accesso alle opportunità di tutti, se c’è corruzione in questo Paese a livello politico non è colpa dei giornalisti! Basta inganni lessicali, basta a gettare fumo negli occhi della gente che ancora non comprende che la corruzione ci ha distrutti.
Laura Marinaro