Sono in molti a pensare che questo Governo sia per definizione impotente sul fronte della giustizia. Da Renzi non potrà uscire una riforma decente, e questo nonostante l’aiuto del magistrato Gratteri. Ostacolo insormontabile, la zavorra del Nuovo Centrodestra che, nonostante i tentativi di rifarsi una verginità dopo il divorzio da Berlusconi, mostra ancora i segni di una alleanza ventennale, e soprattutto l’importanza che Forza Italia – comunque all’opposizione – ricopre per gli equilibri di Governo.
Ad ogni modo, la maggioranza si appresta a discutere un testo sull’auto-riciclaggio. Sono molte le criticità, ovviamente ben sottolineate dalle opposizioni. L’elemento che desta le maggiori perplessità riguarda una clausola sull’utilizzo del denaro una volta ripulito. In buona sostanza, se il frodatore che ricicla i soldi per scopi personali, questi non è perseguibile. Facciamo un esempio: un individuo evade il fisco, con i soldi così ricavati acquista un immobile, poi lo rivende per “ripulire il malloppo” e con i proventi acquisiti dalla compravendita acquista dei macchinari per la sua azienda. Ecco, in questo caso si configura il resto.
Se l’individuo evade il fisco, acquista un immobile, lo rivende e poi spende il ricavato per beni di consumo personale, non si configura il reato. Può sembrare strano e in effetti lo è. Per quale motivo una persona dovrebbe “auto-riciclare” denaro sporco se non per farne uso personale? Eppure un principio di fondo c’è, e non è nemmeno sbagliato. Semplicemente, l’obiettivo che muove il Governo è sconfiggere, o almeno ridurre fortemente, l’economia criminale. Il fine ultimo è quindi quello di aumentare l’imponibile, e quindi le entrate fiscali complessive.
Un’altra criticità riguarda le pene. Per l’auto-riciclaggio il reo rischia una pena di gran lunga inferiore a quella che rischia il reo di semplice riciclaggio. Si parla di 12 anni di reclusione massimi e un minimo di 8, ma che possono scendere a 4 per le ipotesi più lievi. Se le conseguenze sono solo queste, è facile immaginare il proliferare di riciclatori di professioni, pronti ad accollarsi il reato alla base e quindi esporsi alla giustizia come auto-riciclatori.
Il rischio, secondo il Pubblico Ministero Francesco Greco, intervistato su Il Sole 24 Ore, è proprio questo. Ma il giudice fa un altro addebito: la complessità: “Sarebbe bastato togliere dall’incipit dell’articolo 648-bis (riciclaggio, ndr) la clausola “fuori concorso” e avremmo avuto una norma chiara ed efficace. E invece in troppi hanno messo mano al testo e il risultato è più complicato”.
Secondo Greco, occorrerebbe innanzitutto agire a valle. Ossia impedire che l’auto-riciclatore possa utilizzare il denaro ricavato grazie al reato alla base, che è spesso e volentieri l’evasione fiscale. “In Italia manca un programma di ricerca dei latitanti fiscali. Lo si vede anche dalla bassissima percentuale del recuperato rispetto alla pretesa fiscale accertata. Oggi il procedimento è lungo e finisce con una lunga lista redatta semplicemente per ordine alfabetico. Serve un cambiamento di strategia”.
L’unico problema che il Pm rintraccia a riguardo è la necessità di modificare lo Statuto del Contribuente. Ebbene, le modifiche funzionali a una programmazione più efficace della ricerca dei latitanti fiscali potrebbe violare l’articolo 1.
Giuseppe Briganti