Il presidente dell’Authority dell’Anticorruzione Raffaele Cantone ha partecipato al Forum Ambrosetti di Cernobbio, incontro che con cadenza annuale riunisce i protagonisti dell’economia italiana. Il suo contributo si è trasformato in un accorato appello agli imprenditori. Loro e solo loro, nella sua particolare visione, hanno il potere di debellare il fenomeno della corruzione in Italia. Il legislatore può e deve impegnarsi di più, ma senza l’apporto degli imprenditore il problema non potrà essere risolto del tutto.
Cantone ha anche illustrato i metodi con il quale il tessuto imprenditoriale sano può contrastare il tessuto “malato”. Niente di nuovo, a dire il vero. Il presidente non ha fatto altro che rivisitare un caso esemplare che ha funzionato molto bene: quello della mafia. Confindustria siciliana ha deciso di espellere gli imprenditori collusi con la mafia – o quelli direttamente implicati – e grazie a ciò Cosa Nostra ha perso gran parte del suo potere economico. Ovviamente la criminalità organizzata non è stata sconfitta definitivamente (il fenomeno è assai più complesso) ma è inevitabile che proprio grazie agli imprenditori, e in particolare al gruppo dirigente, siano stati compiuti enormi passi in avanti.
Cantone ha chiesto proprio questo: Confindustria isoli gli imprenditori corrotti e li espella dal proprio istituto. Una delle leve che può spingere i diretti interessati ad abbracciare questa idea è la preferibilità, anche dal punto di vista economico, dell’approccio legalitario: “E’ fondamentale che Confindustria faccia la stessa battaglia fatta con la lotta alla mafia: se passa l’idea che la lotta alla corruzione può essere conveniente c’è la speranza di ottenere qualche risultato”.
Il presidente è comunque consapevole che dal punto di vista normativo la situazione non è delle migliori. Anzi, rimangono pesanti distorsioni su alcuni reati, che hanno subito una depenalizzazione (vedi il falso in bilancio) tale da rappresentare uno scudo per i corrotti. Altri temi sui quali il legislatore dovrà intervenire sono la prescrizione (spesso strumento di delazione), il riciclaggio e l’autociclaggio. Sullo sfondo, come già anticipato, la repressione, la prevenzione e soprattutto la battaglia culturale che gli imprenditori onesti devono condurre a discapito dei corrotti.
Come hanno reagito gli imprenditori alle parole di Cantone? Hanno accolto con entusiasmo il suo appello? Il Workshop ne ha ospitati migliaia e il Fatto Quotidiano ne ha approfittato per raccogliere un po’ di pareri. Le risposte, almeno quelle pubblicate sul sito della testata, non sempre hanno dato ragione a Cantone. Anzi, i più hanno liquidato il parere del presidente giudicandolo troppo catastrofista o eccessivo.
Un primo intervistato, di cui la testata ha preferito non specificare il nome, alla domanda “la corruzione è il primo problema da risolvere” ha risposto che è difficile stilare classifiche ma ha tempestivamente aggiunto che il problema più grosso è la pesantezza della macchina statale e la burocrazia.
Poi è giunto il momento di Riccardo Illy, vicepresidente dell’omonima società, che ha fatto eco al collega: “Corruzione primo problema? Magari! Purtroppo ne abbiamo tanti e anche più grosso di questi”. Anche dal suo punto di vista il dito va puntato soprattutto contro lo Stato, e in particolare il legislatore la cui tendenza a complicare l’ordinamento giuridico “rappresenta l’humus per il proliferare della corruzione”.
Ancora più discutibile l’opinione di Mario Boselli, presidente della Camera Nazionale della Moda, secondo cui l’amministrazione pubblica deve impegnarsi affinché la corruzione non debba essere la condizione per lavorare. Un parere, quello dell’imprenditore, che sembra giustificare il fenomeno corruttivo – comunque da lui stesso definito deprecabile.
Luigi Abete, presidente della Banca Nazionale del Lavoro, ha cercato invece di ridimensionare il problema ripescando il più classico dei “così fan tutti”: “Non dobbiamo mitizzare la corruzione in Italia e pensare che il nostro mondo sia peggio di quelli degli altri paesi. Purtroppo sono fenomeni che esistono ovunque e che vanno combattuti”.
– Giuseppe Briganti