VITERBO “È sempre più forte nel sentire comune la convinzione che alcuni componenti istituzionali e burocratici abbiano ormai rinunciato a quel ruolo istituzionale che li vorrebbe punti fermi della società.
Succede così che nell’immaginario collettivo si fa sempre più radicata la convinzione di vivere un momento storico in cui istituzioni e persone si stiano inesorabilmente decomponendo, privi ormai di quella linfa vitale che li caratterizzava.
Stando così le cose, la corruzione rischia di essere intesa come componente normale della vita di una società, quasi obbligata per portare avanti qualsiasi attività ordinaria del quotidiano. L’unione della debolezza umana alla complessità del sistema istituzionale diviene terreno fertile sul quale la corruzione può crescere e radicarsi.
L’uomo corrotto, a differenza dell’uomo semplicemente trasgressore, è talmente chiuso nella soddisfazione della sua autosufficienza da non essere disponibile ad interrogarsi. In questo modo, il corrotto non è in grado di esercitare quella sana autocritica attraverso la quale mettere in discussione la propria autostima, costruita su comportamenti fraudolenti e alimentata dal ricorrere sistematicamente a scorciatoie e “mezzucci”. In questo siamo certi che il monito di Papa Francesco, “peccatori sì, corrotti no”, dia la misura di una società profondamente insidiata dalla corruzione e che chiede di essere curata da questa.
Il corrotto è un povero di spirito, imprigionato in un limbo in cui non penetrerà mai un’idea di politica fondata sull’etica e dove vengono continuamente screditati istituzioni e persone che con i loro comportamenti etici lo ostacolano nel raggiungimento dei propri obiettivi.
Il trionfalismo declinato in ogni sua forma favorisce la corruzione e tutti quei comportamenti velleitari e frivoli che appagano l’ego del corrotto. Quest’ultimo solitamente fa parte di un “insieme” di persone che si è fornito dei criteri utili a perpetrare e giustificare tale corruzione. Questi gruppi sociali sono quanto di più lontano possa esserci rispetto all’idea di popolo ed etica pubblica.
La corruzione è un’attitudine capace di modificare la realtà a vantaggio dell’apparenza nella misura in cui quest’ultima plasma la realtà in modo tale da renderla socialmente accettabile, distorcendone l’autenticità. Paradossalmente l’apparenza ha bisogno di norme sempre più severe per giustificare la propria sopravvivenza, fenomeno che ricorda molto quanto oggi accade nel sistema burocratico italiano, sempre più avviluppato su se stesso.
Gli orizzonti del popolo italiano stanno via via rimpicciolendo per effetto del dilagare degli atteggiamenti corrotti che, allo stesso tempo, stanno diffondendo nei giovani la convinzione di poter trovare una salvezza solo fuori dai confini italiani.
Confartigianato, in quanto associazione di categoria attiva nel tessuto sociale che è chiamata a supportare, deve frapporsi al diffondersi dei modelli comportamentali finora descritti, perseguendo, invece, in collaborazione con enti e istituzioni, quell’idea di politica basata su valori etici condivisibili e utili a creare l’humus indispensabile affinché si possa tornare a fidarsi. Aver fiducia in un futuro di start up per le nuove piccole e medie aziende, anche a conduzione familiare, troppo spesso bistrattate in favore della sola grande industria”.
Presidente Confartigianato