Si è concluso il G20 di Brisbane. Tra i temi in agenda, un po’ inaspettatamente, anche la corruzione. D’altronde si è parlato di crescita economica, e la corruzione è il freno forse più invalidante per un’economia che voglia riprendersi. La domanda che ci si pone sempre di fronte a queste manifestazioni è la seguente: saranno utili? Serviranno realmente a qualcosa? Sono in molti a considerarle come delle mere passerelle, funzionali alla ricerca del consenso da parte dei leader, megafono per la propaganda di questo o quel capo di governo. Si discute, certo, ma spesso alle parole non seguono i fatti.
Eppure è innegabile che senza queste gigantesche tavole rotonde, il poco di cooperazione internazionale che si vede adesso sarebbe compromesso. E di cooperazione, per sconfiggere la corruzione, ce n’è bisogno. Anche in prospettiva italiana. Uno dei grandi alibi sotto il quale si rifugiano, più o meno esplicitamente, i nostri amministratori è proprio quello del “così fan tutti”. Se il problema a livello internazionale sarà più o meno risolto, allora sarà obbligatorio – anche per una questione di immagine – provare un senso di colpa.
Propedeutica a una cooperazione che sia veramente efficace è l’azione di un ente in grado di rappresentare tutte le parti. Il pensiero va alle Nazioni Unite, che però sono ancora deboli, dunque incapaci di mettere in campo una risposta globale.
Nonostante questi ostacoli, il problema della corruzione negli altri paesi – che è come abbiamo visto legata a quella italiana – è in linea teorica facile da risolvere. Il nodo da sciogliere è “africano”. Il futuro passa da lì. Molti paesi del Continente nero hanno scoperto o stanno scoprendo abbondanti giacimenti di gas e petrolio. Nei prossimi anni, grazie a queste risorse, oltre 3mila miliardi di dollari verranno versati in questi paesi.
Gli scenari sono due: uno con la corruzione e l’altro senza. Quest’ultimo, ovviamente, è quello auspicabile e vede lo sviluppo economico dei paesi africani, con milioni e milioni di persone in via di uscita dallo stato di povertà.
L’altro scenario vede invece il proliferare della corruzione, quindi delle tangenti, e l’appropriazione delle risorse nelle mani di poco. C’è chi la definisce la “nuova oligarchia mondiale, capace di far impallidire gli oligarchi della vecchia Russia”.
In questa prospettiva, si innescherebbe un effetto domino capace di compromettere le speranze di crescita degli europei. L’Africa è infatti uno dei mercati “futuribili”, ma se il clima – soprattutto da quelle parti – è ammorbato dalla corruzione, l’arena competitiva premierà i più furbi e non i più bravi. Insomma, guai per le imprese dell’Occidente.
Il presente è comunque dominato dalle chiacchiere. Come quelle del premier Renzi, il quale ha commentato il G20 in maniera trionfante: “Sono molto contento per quanto fatto al G20 ed in particolare sulla corruzione e la lotta all’evasione che sono entrate in modo significativo nella discussione e nel comunicato finale del vertice”.
Il presidente del Consiglio ha poi illustrato qualche numero sulla corruzione: “In Italia vale 160 miliardi, il 10% del Pil. Una cifra enorme”. Spazio anche per gli elogi a Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità contro la Corruzione, incaricato di sciogliere i complicati nodi dell’Expo.
Giuseppe Briganti