La Ndrangheta ha messo radici in Lombardia. Un legame, quello tra la mafia calabrese e la regione più ricca d’Italia, che non si scopre certo oggi. Eppure è sorprendente prendere coscienza di quanto esteso sia il potere dell’organizzazione criminale in quella parte d’Italia, soprattutto in Provincia.
A restituire un’immagine cruda e realistica della situazione è stata fornita dall’operazione “Quadrifoglio”, che vede i carabinieri del Ros di Milano in prima fila nella lotta alla mafia. E proprio un contributo filmato girato da loro ha fatto emergere un episodio sconfortante: un boss accoglie in casa sua delinquenti, affaristi, politici.
I protagonisti della vicenda sono ben noti alla cronaca.
Il boss è Salvatore Muscatiello, originario di Reggio Calabria ma ormai radicatosi a Mariano Comense. E’ l’anello di congiunzione tra la terra calabrese e l’ambiente lombardo. E’ ormai sulla soglia degli ottant’anni, ma la sua influenza è ancora enorme. Sicché ancora è solito ricevere “questuanti” di ogni tipo, nella prospettiva di quel gioco di favori che da sempre permette alla Ndrangheta di tessere legami con la parte malata dell’imprenditoria lombarda a con pezzi deviati delle istituzioni. Sicché, a chiedere aiuto al boss, non ci vanno solo i parenti dei mafiosi in carcere, o qualche imprenditore senza scrupoli. Ci vanno anche i politici. Ci va Emilio Pizzinga, membro della Commissione Urbanistica a Mariano Comense. Non risulta indagato in nessun processo, ma a questo punto è lecito pensare che sia stato semplicemente bravo a non farsi scoprire. Questa volta, però, è stato pizzicato a casa del boss quando, nel gennaio del 2014, è andato in visita presso la sua villa a chiedere un favore. C’è una fotografia scattata dai Carabinieri a dimostrarlo, arricchita da intercettazioni ambientali.
Oggi sappiamo cosa Pizzinga ha chiesto al boss. Tutto molto prevedibile, oltre che sconfortante: voti. Da lì a qualche mese il Comune di Mariano Comense sarebbe andato alle elezioni. Muscatello, il cui potere sul brianzolo è ancora forte, è la persona “giusta” a cui rivolgersi per raccattare voti qua e là.
La conversazione si conclude con una frase simbolica, che sancisce una verità a cui si fa fatica a credere: il cancro della corruzione non si limita ad approfittarsi dei pezzi deviati; quando si insidia, infetta l’intero organismo politico. “Ho in mano il partito”. Quel partito è Forza Italia.
Muscatello, almeno a giudicare dalle intercettazioni dei carabinieri, si è rivelato prodigo di aiuti. Il motivo di questa generosità è strategico: accettare un favore da un mafioso vuol dire mettersi a sua disposizione. A disposizione di Muscatello è sicuramente l’imprenditore Francesco Defina (non indagato). Questi è andato dal boss a chiedere protezione da altri mafiosi, affiliati comunque alla cosca del calabrese, che solevano intimidire il questuante. Al boss è bastato alzare la cornetta per mettere in ordine le teste calde.
Stesso discorso per Nadia Scognamiglio, moglie di Fortunato Valle, della cosca dei Valle Lampada. Anche lei si è prostrata di fronte al boss, chiedendogli di intercedere affinché suo marito non venisse postato al carcere di Viterbo. Muscatello non solo ha promesso di attivarsi in questo senso ma gli ha anche donato 8mila euro per risolvere una cartella di Equitalia.
Giuseppe Briganti