Sconfiggere l’evasione fiscale è da sempre, in Italia, un’impresa impossibile. Si tratta infatti di un problema endemico, ben strutturato, diffuso. Non si conosce la quantità di denaro sottratta al fisco ogni anno, ma tutte le stime convergono almeno sull’orde: si parla di parecchie centinaia di miliardi di euro. Quella che manca, in verità, è la volontà di superare il problema. Anche perché la soluzione non è poi così lontana. Sarebbe sufficiente studiare i modelli virtuosi in giro per il mondo e adottarli. In Occidente, il modello da prendere in considerazione è certamente quello degli Stati Uniti. Culturalmente non molto diversi da noi, comunque un grande Paese. Gli evasori fiscali negli Usa rappresentano a malapena il 16% della popolazione. In Italia (in proporzione ovviamente) sono più del doppio. Non c’è dubbio: l’ordinamento a stelle-e-strisce funziona. Ecco quali sono i suoi punti di forza.
Pressione fiscale. Affermare che l’evasione fiscale e la pressione fiscale abbiano un legame potrebbe sembrare populista e demagogico, eppure – almeno a giudicare da quanto accade nell’altra sponda dell’Atlantico – è proprio così. Negli Stati Uniti l’evasione è bassa, ma è bassa anche la pressione fiscale. Per la precisione, si attesta intorno al 25%. In Italia siamo oltre il 44%. Vorrà pur dire qualcosa. Il problema è che dove le tasse sono alte, quest’ultime non sono viste come un dovere nei confronti della collettività ma come una ruberia da parte dello Stato.
Accessibilità. In Italia, pagare le tasse è difficile. La burocrazia mette i bastoni tra le ruote al contribuente. I calcoli sono difficili da eseguire, il sistema è ingolfato da una miriade di eccezioni e casi particolari. Senza contare l’approccio ancora poco orientato al digitale. In America è tutto diverso. In primo luogo, è possibile dichiarare i propri redditi online. Secondariamente, qualora si incontrassero difficoltà, lo Stato mette a disposizione una rete di commercialisti ad hoc, in via del tutto gratuito per giunta.
Controlli. Anche negli Stati Uniti il cittadino può fare il furbo e vivere da evasore. “Furbo”, però, nel caso americano è un termine improprio. Anche perché di furbo, nell’evadere negli Usa, c’è molto poco. L’Internal Revenue Service, l’equivalente alla nostra Agenzia delle Entrate, non solo è efficiente nello scoprire i disonesti, ma li intercetta quasi subito. E allora si è costretti a pagare, ma rinunciando a esenzioni e detrazioni che, di contro, spettano in abbondanza ai contribuenti onesti.
Mentalità. Ovviamente, a incidere non è solamente un ordinamento più efficiente. La mentalità gioca un ruolo importante: gli americani vedono l’evasione come un cancro perché sono convinti che chi evade stia commettendo una ruberia ai danni della collettività, e quindi anche del singolo. Non si tratta però di una dote innata. Bensì, di una conquista. Lo Stato americano ha costruito il sentimento positivo attorno alla questione delle tasse. Prima di tutto, facendo apparire i frodatori e gli evasori come delinquenti, sbattendoli in carcere. In secondo luogo – e c’era da aspettarselo dagli inventori della pubblicità – attraverso le tante campagne di sensibilizzazioni che vengono realizzate da decenni. Un esempio: nelle stazioni metro delle città statunitensi, quando viene Aprile (momento della dichiarazione dei redditi), campeggiano manifesti enormi con su scritto: è arrivato il momento del rimborso. Si gioca sul lato positivo del pagare le tasse, e a quanto pare funziona.
Giuseppe Briganti