Sono passati da poco vent’anni dall’esplosione di tangentopoli che si è arrivati a toccare con mano un altro sistema, peggiore del precedente, che ha preso il nome dalla città dove il caso è emerso con chiarezza – Sesto San Giovanni – ma avrebbe potuto chiamarsi tranquillamente “sistema Roma”. In che cosa consiste è presto detto. Nel 1994 Filippo Penatidiventa sindaco di Sesto e si ritrova a gestire il risultato della chiusura di parecchi stabilimenti, come la Falk e la Magneti Marelli, con il ritorno sul mercato immobiliare di enormi aree urbane, da regolamentare tramite piano regolatore. Da sindaco a gestore il passo è breve, come ha messo in evidenza uno dei protagonisti di quel periodo, Piero Di Caterina, che alla fine si è ribellato alla “gestione” familistica della cosa pubblica da parte di gruppi di potere, che utilizzano i partiti per fare affari personali. Di Caterina tre anni fa ha iniziato a raccontare del sistema di gestione del Comune di Sesto e la procura di Monza ha svolto delle accurate indagini individuando tutta la “banda” del sistema Sesto. Una squadra assortita capitanata da Filippo Penati, nel 2009 è arrivato fino a Roma, a controllare il PD, nel periodo della segreteria Bersani, come braccio destro dell’ex-segretario.
Settimana scorsa, giovedì 8 maggio, quasi in contemporanea sono scoppiate quattro bombe giudiziarie: l’arresto del forzista Scajola, presunto ponte tra ndrangheta e centro destra, l’EXPO con sette arresti nel sottobosco politico legato agli appalti, poi sette arresti nel mondo della finanza con i fratelli Magnoni (quelli del famoso conto coperto “Quercia”) per il crack SOPAF, infine altri quattro arresti tra Novara e Milano sulla materia ambientale e dei rifiuti con un nome pesante per la politica milanese. Tutti i giornali e le televisioni hanno parlato ampiamente del ritorno di due protagonisti di tangentopoli,Frigerio e Greganti, democristiano e comunista, ora forzista e democratico, ancora attivi a Milano nel condizionare appalti, nomine e carriere. In questo terremoto, in mezzo al polverone c’è anche il significativo caso dell’avv. Antonino Princiotta (nella foto), arrestato con altri tre, a Novara, per aver preso una presunta tangente di 60mila euro. Il nome non dice molto al grande pubblico, perché è un uomo ombra, che non appare, se non quando sono i giudici a chiamarlo per fargli domande specifiche. In questi ultimi anni è comparso a Monza nel processo alla banda del cosiddetto “Sistema Sesto” che, forse, è un po’ il filo conduttore di tutti questi casi.
Il Princiotta è uno dei pezzi più importanti del gruppo, per il fatto di essere laureato – Penati e Franco Maggi, già capo della TV del PD, non lo sono – e svolge una funzione pubblica di grande delicatezza come quella di segretario comunale e provinciale. L’unione fa la forza per loro, in questo modo le due figure che per legge sono distinte, quella di decisore politico e amministrativo, si sono sovrapposte in un pericoloso intreccio. Quanto sia stata pericolosa questa commistione è fin troppo evidente.
A Novara il Princiotta era giunto alla fine del 2009, proveniente da Milano, per l’esattezza dalla Provincia, dove da pochi mesi aveva preso il comando Guido Podestà, il quale non ci aveva messo molto a capire la pericolosità dell’ingombrante residuo dell’epoca penatiana. Nel giro di pochi mesi, come la legge gli concede, gli ha messo in mano il foglio di via al termine del periodo di prova. Il fatto curioso è che, messo alla porta dal coordinatore PDL a Milano, è accolto a braccia aperte dallo stesso partito in Piemonte, per un bel incarico multiplo alla Provincia di Novara. Infatti, al primo incarico se ne aggiungeranno molti altri, da quello di direttore generale a consulente e dirigente ad interim del settore ambiente, dove poi ci lascia la zampina.
Dopo l’arresto del direttore-segretario, il presidente della Provincia di Novara Diego Sozzani,già PDL ora Forza Italia, convoca una conferenza stampa per ribadire: “Mi sento tradito da Princiotta”. Ai giornalisti sbigottiti, che conoscevano di fama il soggetto, non resta altro che chiedere conto della scelta. Sozzani risponde: ”Aveva un bel curriculum ed esperienza in un ente più grande, proveniva da una amministrazione di colore politico opposta alla mia. Mi sembrava che offrisse ampie garanzie”. Sul sito web della Provincia è ancora visibile il curriculum dell’ex-segretario, composto da una paginetta scarsa, mezza vuota, dove l’unica cosa che colpisce è il fatto di essere “cultore della materia” in diritto pubblico. Sozzani ora ha cambiato idea sul Princiotta, certo che sarebbe bastato guardarlo bene in faccia, al più fare qualche telefonata per sapere che il funzionario non era solo un vecchio tesserato Pci-Pds-Ds confluito nel PD ai massimi livelli, ma un perno di un sistema che i giudici di Monza stanno evidenziando, a partire dal caso delle azioni della Milano-Serravalle, strapagate con un operazione che ha messo in ginocchio l’ente di Milano.
Subito dopo l’arresto anche il PD novarese ha convocato una conferenza stampa per chiedere le dimissioni di Sozzani e della giunta. Pure la Lega, per bocca di Luca Bona reagisce a muso duro: “Non siamo intervenuti sulle ultime vicende riguardati l’ex segretario generale della Provincia in quanto, come è noto, abbiamo sempre sostenuto l’inopportunità di alcune scelte operate in passato, che comunque sono di esclusiva competenza del Presidente della Provincia. Sono il PD, partito di riferimento di Penati e del cosiddetto ‘sistema Sesto’, e Forza Italia che hanno portato a Novara il suddetto funzionario.”
Al lettore interessato ad approfondire gli intrecci e capire l’intera vicenda, delle larghe intese politiche da sinistra a destra, si segnala un articolo sul giornale on-line torinese LoSpiffero.com, che riporta uno spaccato dei legami politici tra Milano, Novara, Tortona e Genova. Di come la sede della Provincia di Novara sia diventata epicentro accogliendo l’alto funzionario di cui si è sempre sussurrato: “Quello? Non lo smuovono neppure le cannonate”.
Giovedì scorso a smuovere, letteralmente, di casa il Princiotta, sono stati i carabinieri per portarlo a San Vittore.
Il problema è che questo lavoro doveva essere fatto dalla politica, non dai giudici. Cinque anni fa avrebbero dovuto entrare in funzione gli anticorpi per evitare la diffusione totale del sistema Sesto, come il caso Expo sta dimostrando. Non è successo ed è un grosso guaio.
Se un dirigente pubblico viene lautamente retribuito (Antonino Princiotta nel 2012 ha incassato un totale di 214.842 euro, compresi 56mila euro di premio di risultato) per degli incarichi di responsabilità importanti, solo in forza di un rapporto fiduciario, quindi per cooptazione di gruppo, allora ci deve essere un bilanciamento, con una responsabilità politica oggettiva che colpisce il politico che ha operato la scelta.
Il giudizio sui politici e sul loro operato nel nostro ordinamento costituzionale compete solo agli elettori, non ai giudici. Sarebbe auspicabile un lavoro preventivo da parte dei partiti, ma un po’ tutti appaiono dominati da gruppi poco inclini al senso critico, come sta dimostrando Matteo Renzi. Ha ragione Sozzani a temere gli elettori novaresi, ad avere paura di perdere il treno per Torino, nel prossimo voto per le regionali del Piemonte, l’ultimo a sua disposizione.
Rimane da capire a chi gli elettori faranno pagare il conto politico, delle cattive scelte operate nella gestione del progetto Expo (prontamente segnalate dalla magistratura), alle prossime elezioni europee del 25 maggio.
Fonte: Lindipendenza