Piove, anzi grandina, sull’ipotesi di un nuovo porto turistico nel territorio di Nardò e, in particolare, nella marina di Sant’Isidoro. A offrire rivelazioni che potrebbero dimostrarsi determinanti nel caso si perseguisse l’idea di impiantare una struttura portuale è Pino Raganato, responsabile regionale di «Cosa pubblica», l’associazione per la lotta alla corruzione.
Accanto a lui ci sono personalità come il neritino Bruno Vaglio e altre associazioni come Forum ambiente e salute e lo Sportello dei diritti. In breve, che cosa ha scoperto Raganato? “Più che una scoperta” – commenta – “è emerso un ricordo legato al passato, quando il centro di stabulazione dei frutti di mare era in piena attività. All’epoca tutti sapevano che l’impianto era sorto proprio in quel punto perché lì, su quel tratto di costa della splendida località di Sant’Isidoro, c’è la convergenza di tre fiumi sotterranei, memoria storica del Salento“.
Tre corsi d’acqua dolce, sorgenti necessarie per un impianto di quel genere che lavorava quintali e quintali di cozze ogni giorno, e dei quali si è quasi persa nozione. “Un tempo” – dice – “era anche vivaio di orate e dentici e il centro di depurazione, oltre trent’anni fa, attirava intere corriere piene di gente dall’intera provincia, e per il tradizionale approvvigionamento di mitili”. Ma i tempi cambiano ed ora la struttura è uno scheletro abbandonato, depredato dei cancelli e dei motori, con le vasche vuote e che rovinano quel tratto di mare. “Chiediamo il ripristino urgente dello stato dei luoghi e condanniamo ogni eventuale spreco di denaro pubblico” – tuona Raganato – “facendo appello alla sensibilità degli ambientalisti di Nardò che già in passato hanno avuto parole di condanna contro l’ipotesi di un porto in quella zona”.