C’è mancato poco. Nicola Gratteri, magistrato simbolo della lotta alla mafia, stava per diventare ministro della Giustizia. All’ultimo momento si frappose il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. La motivazione diffusa per via ufficiale parlava di una sorta di conflitto di interesse: sarebbe stato disdicevole che un magistrato in carica diventasse ministro.
Gratteri si è dovuto accontentare di un incarico di consulenza. Ma a doversi accontentare è stata in verità tutta l’Italia. Con la mancata nomina del magistrato calabrese il paese ha perso l’occasione di riformarsi dal punto di vista della giustizia. Riformarsi “bene” almeno, anche perché non si può certo accusare l’attuale ministro Orlando di immobilismo. Altro paio di maniche il discorso sulla qualità e l’efficacia delle norme attualmente in preparazione.
Gratteri ha ribadito le sue proposte nel rapporto “Per una moderna politica antimafia”, redatto dallo stesso magistrato con Roberto GarofoliI (Magistrato del Consiglio di Stato), Magda Bianco (Dirigente Banca d’Italia), Raffaele Cantone (Magistrato di Cassazione), Elisabetta Rosi (Magistrato di Cassazione) e Giorgio Spangher (Professore ordinario di procedura penale.
Ecco una sintesi delle proposte.
Svolta digital. Gratteri propone un maggiore utilizzo degli strumenti digitali. Le notifiche andrebbero fatte vie e-mail e non “su carta”. Si risparmierebbe denaro ma soprattutto tempo. Non sarebbe una novità da poco: la lentezza dei procedimenti dipende anche da questo.
Maggiorazione delle pene per alcuni reati. Il magistrato calabrese pensa soprattutto all’estorsione. Molti imprenditori ne sono vittime ma a loro non conviene denunciare. Questo perché le pene sono troppo leggere. Chi estorce sa che al massimo subirà solo un anno di carcere e quindi potrà tornare a commettere nuovi reati e soprattutto a realizzare ritorsioni contri chi li ha denunciati. Attualmente si rischia da 4 a 10 anni, ma a incidere è soprattutto la concessione dei domiciliari.
Omologazione dei codici. Alcuni fenomeni criminali, in primis la mafia, sono ormai internazionali. Sarebbe bene che l’Unione Europea si dotasse di un codice omogeneo. L’ideale sarebbe il varo di alcune direttive specifiche e il relativo adeguamento dei governi nazionali.
41 bis. Gratteri vorrebbe il ripristino del 41 bis al suo stato naturale. Il carcere duro sta diventando sempre meno duro (a causa di alcune decisione del legislatore) e oggi molti mafiosi sono detenuti in condizioni ordinarie. La proposta è quella di recuperare le isole penitenziarie e di inserire il vetro divisorio durante le viste in carcere. Il motivo di tanto inasprimento è la prevenzione: alle condizioni attuali, i boss riescono a comunicare e a dirigere i propri traffici anche dal carcere. Soprattutto, il 41 bis “vecchio stile” rappresenterebbe un adeguato deterrente.
Intercettazione. Non si tratta di una vera e propria riforma, piuttosto di una raccomandazione: non depotenziare lo strumento delle intercettazioni. Gli attacchi vengono soprattutto da destra e Renzi da questo punto di vista ha una serpe in seno: Angelino Alfano. Ecco cosa pensa Gratteri delle intercettazioni e delle proposte dell’NCD: “Non ha senso parlare di gravi indizi di colpevolezza a carica dell’indagato quale condizione per l’intercettazione. Se ci sono gravi indizi di colpevolezza che bisogno c’è di intercettarlo quando lo si può già arrestare? Le intercettazioni sono il mezzo più economico per pedinare gli indagati.
L’alternativa è quella dispendiosa dell’utilizzo di tre-quattro pattuglie costrette a seguire l’indagato, con il rischio di essere individuati e con grosso dispendio di risorse finanziare tra salari, straordinari e carburante”.
A leggere le proposte di Gratteri, aumenta il rammarico per ciò che poteva essere e non è stato. Eppure, c’è chi comunque è soddisfatto del lavoro fatto fino a questo momento da Governo e Parlamento. Tra questi spicca Giorgio Napolitano che il 25 settembre ha dichiarato che “La riforma della giustizia salverà l’economia”.
– Giuseppe Briganti