In cinque anni la mafia può essere sconfitta. E’ questa la convinzione di Nicola Gratteri, magistrato anti-mafia, con tutta probabilità il più grande esperto di criminalità organizzata in Italia. Per poco non è diventato ministro della Giustizia, ma attualmente ricopre il ruolo di presidente della Commissione per la riforma della legge sulla mafia. Il suo contributo è essenziale anche in questa veste.
Il magistrato si è dato da fare fin dal primo giorno. Ad oggi, il testo della riforma è quasi completo. Stando alle prime indiscrezioni e, soprattutto, al parere dello stesso Gratteri, la legge sarà in grado di sgominare l’80% della presenza mafiosa nel giro di cinque anni.
L’ottimismo del magistrato è comunque smorzato dalla consapevolezza delle grane che le dinamiche parlamentari potranno causare. “Ovvio, bisogna avere la forza numerica in parlamento per far passare certe riforme, ma se dovessero passare tutte in blocco noi abbatteremmo l’80% della mafia presente in Italia”, ha dichiarato durante un intervista tenuta a New York, dove è stato premiato dalla Train Fundation con il “Civil Courage Prize”.
Gratteri in quell’occasione ha anticipato alcuni elementi della riforma che sta scrivendo. Il punto più interessante riguarda l’informatizzazione del sistema giudiziario. Lo scopo è quello di applicare al codice la tecnologia del 2014, in modo da velocizzare i tempi e rendere la magistratura più reattiva e flessibile. Un altro elemento riguarda invece la certezza delle sanzioni, in modo che chi delinque non abbia la percezione della “convenienza”: chi ha in mente di commettere un reato deve sapere che il guadagno che nasce dalle attività illecite è in ogni caso inferiore al prezzo da pagare alla giustizia. Lo sfondo è quello di un livello di garanzia degli imputati comunque alto, nel rispetto dei diritti della difesa.
Interessante la parte in cui Gratteri ha parlato delle trasformazioni che stanno avvenendo in seno alla Ndrangheta. La più importante si riferisce all’istituzionalizzazione. La mafia della coppola e della lupara è dappertutto quasi un ricordo, ma ciò non vuol dire che sia permesso allo Stato abbassare la guardia, anzi. Il trend è comunque quello dei reati contro la pubblica amministrazione. Le associazioni a delinquere scelgono la mazzetta all’intimidazione, l’accordo con i pezzi malati della classe dirigente alle minacce. Da questo punto di vista, l’azione della mafia è da considerarsi scientifica e incredibilmente efficace. Un vero pericolo per il benessere del Paese.
Il punto su cui il magistrato è ritornato più spesso è però quello del consenso. La Ndrangheta – come anche la Camorra – non è un corpo estraneo alla società ma fa parte di esso perché riesce, in barba allo Stato, a conquistarsi la fedeltà dei cittadini più deboli dal punto di vista etico o economico. Lo fa con mezzi immorali, anche attraverso l’intimidazione, ma tant’è: la mafia fa sconfitta in primis attraverso l’educazione. La lotta deve iniziare dalle scuole.
Questo ragionamento ha ispirato una domanda, partita dalla platea, circa il rapporto tra Ndrangheta e Isis, altro organismo criminale che in America è molto temuto. Questa la risposta di Gratteri: “l’Isis è una struttura di criminalità organizzata, ma di quelle destinate ad avere un fine a differenza invece delle mafie italiane in particolare della ‘Ndrangheta che sono invece destinate a durare con queste regole”.
Infine, Gratteri ha tessuto le lodi del sistemo normativo italiano. Nonostante tutte le problematiche, che però riguardano il sistema della giustizia e non l’approccio specifico alla mafia dal punto legislativo, l’Ue – che ci bacchetta spesso – ha poco da rimproverarci. “La legge antimafia dell’Italia è la più evoluta al mondo, cosa che non hanno altri Paesi del Vecchio Continente”. Il problema risiede dunque negli strumenti di applicazione della legge. Strumenti che Gratteri intende riformare.
Giuseppe Briganti