Tutti i politici richiedono e assicurano trasparenza. A parole. Ma nei fatti la trasparenza nella CosaPubblica è negata ai cittadini che ritengono di essere vittime di abusi e manipolazioni delle funzioni pubbliche, o più semplicemente che intendano esercitare il diritto di interferenza, utile a controllare l’operato del pubblico ufficiale al quale, direttamente o indirettamente, hanno delegato funzioni di rappresentanza nell’amministrazione di funzioni, ma ancor di più, di soldi pubblici.
Dal latino “pareo” (apparire), preceduto dal prefisso “trans” (oltre) la trasparenza è quella condizione che permette di vedere oltre la facciata esterna, nell’intimo dei fatti. Dentro le stanze dei bottoni, dove si raggiungono gli accordi che poi, una volta confenzionati con una apparente (non trasparente) correttezza nei panni esteriori, vengono sbandierati come il risultato di una azione di corretta politica e amministrazione. Ma così non è. E’ la biancheria intima che è sporca, e al cittadino che vuole capirci vengono negatì gli accessi a documenti e passaggi che sono indispensabili a capire che fine fanno i nostri soldi e quanto è l’effettivo valore dei crimini predatori. Cioè di tutti quei delitti che vengono raggruppati sotto il termine “CORRUZIONE”. E così la tanto decantata trasparenza, predicata da tutti, galantuomini e gente di malaffare, è nella sostanza ridotta al lumicino e non consente di raggiungere l’obiettivo per cui è indispensabile: fare pulizia e acchiappare i ladri che ci derubano.
Piero Di Caterina