Imprenditore dei trasporti cesanese racconta la sua odissea. I suoi guai sono iniziati quando ha deciso di lavorare con la Pubblica amministrazione. In sei anni ha perso soldi e dipendenti…ormai dovrà chiudere
di Laura Marinaro
Vessato da burocrati a dir poco approssimativi, costretto a ricorsi su ricorsi e penalizzato dal sistema del favorire “i soliti” noti nell’accesso agli affari con la pubblica amministrazione, ha perso in pochi anni milioni di euro in fatturato e lavoro, ma soprattutto ha visto decimare la sua azienda che da una piccola realtà di 16 dipendenti è diventata una microrealtà di tre persone. E dopo l’ultimo abuso dovrà chiudere. Questa la storia di Franco Bonfanti, imprenditore dei trasporti in pullman di Cesano Maderno, città del Nord della Brianza. Senza entrare nei dettagli di un’odissea che, sin dal 2006 ad oggi, l’ha visto perdere un appalto pubblico per il trasporto scolastico e riconquistarlo più volte a botte di ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato, è significativo notare la lotta all’ultimo sangue tra le imprese private per accaparrarsi legittimamente questi servizi e poi quella del Comune che resiste ai ricorsi e in questo caso viene persino sanzionato. Tutto nasce da un appalto di poco meno di 200 mila euro. In un clima di totale confusione di atti incomprensibili ai più, ma anche ai diretti interessati, si scatena la guerra tra vinti (Bonfanti) e vincitori (un’Associazione temporanea d’impresa tra due aziende di cui una che arriva dal napoletano e il cui titolare, in passato, è stata sospeso dall’attività per alcuni mesi per vicinanza alla Camorra). Il Consiglio di Stato nel 2006 condanna l’Amministrazione Comunale al pagamento di 29 mila euro a Bonfanti come risarcimento del 10% del valore dell’appalto perso e di là “entra in guerra” anche il comune e la burocrazia. Fino ad oggi sono cinque – a decisioni alterne – le sentenze emesse con esborso di almeno 50 mila euro per ogni contendente. Si continua comunque ad andare avanti e a non capirci molto. Sicuramente si continua a pagare. E anche il Comune paga avvocati su avvocati e dipendenti che sulle carte di questa vicenda si arrovellano per mesi, distogliendo il lavoro magari da qualche progetto più utile per i cittadini. Si interessa della questione l’Autorità di Vigilanza dei Contratti Pubblici che, dopo scambio di copiosa corrispondenza col Comune, arriva alla conclusione che non può intervenire e sentenzia che è inutile iscrivere nel casellario informatico i fatti segnalati dall’amministrazione. Insomma inutile la corrispondenza, il tempo e il lavoro dei funzionari pubblici. Il concorrente perdente nell’ultimo appalto, ovvero sempre il solito cesanese Bonfanti, che denuncia l’altra impresa anche alla Guardia di Finanza per sospette irregolarità anche penali nel servizio, decide però di andare avanti fino alla fine convinto di essere stato vittima di una gara d’appalto illegittima e di “rappresaglie” burocratiche da parte del Comune. «Ho anche segnalato che la ditta vincitrice dell’appalto, che non ne aveva tutti i requisiti, non forniva nemmeno un servizio buono al cittadino – ha fatto notare Bonfanti – ed è questo alla fine che interessa alla gente: alla fine con tutte le carte giudiziarie in ballo, le mie numerose domande agli organi competenti e gli errori palesi commessi dai funzionari in tutto il procedimento, mi chiedo come possiamo avere noi imprenditori fiducia nelle istituzioni che per prime dimostrano di non essere corrette al 100 per cento». Nulla si può ancora dire sull’inchiesta alla Guardia di Finanza che la denuncia del Bonfanti ha fatto avviare, ma di certo è chiaro come per un appalto da 200 mila euro, che prevede però un servizio fondamentale per i cittadini, si possa imbastire la follia burocratica e gravare le tasche dei contribuenti di altre migliaia di euro per cause e scartoffie. Forse all’amministrazione pubblica virtuosa, nel senso di competente oltre che onesta, costerebbe meno essere semplicemente precisa e corretta nell’applicazione delle regole. Cosa ne sarà di Bonfanti e della sua ditta piccola ma precisa nel futuro? «Andremo avanti per avere le nostre ragioni fino in fondo – ha concluso l’imprenditore – a dispetto di una mala gestione della cosa pubblica e di una malagiustizia, e poi, siccome siamo abituati a rimboccarci le maniche fino alla fine, continueremo a vincere nel privato dove si spera che il merito di chi lavora nella legge e nella correttezza venga ripagato». L’epilogo peggiore del resto. Bonfanti ha deciso di denunciare i presunti abusi subiti, carte alla mano, all’autorità giudiziaria ma dalla segretaria di un magistrato monzese si è sentito rispondere pikke. «Mi hanno detto che non accettano denunce di un comune cittadino ma di un avvocato. Insomma se uno non ha le risorse per pagarsi i migliori avvocati che fa si ammazza?». Vedremo come andrà a finire. Noi di CosaPubblica cercheremo di capire come denunciare l’abuso.
14/03/2014